Roma, 13
novembre 2014
Presentata Indagine civica su esperienza pazienti su uso
farmaci, con focus su biologici e biosimilari. Lavorare su
aderenza alle terapie e informazione a medici e pazienti, al
quale hanno contribuito nella realizzazione le associazioni
del Forum
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Lo
strumento di indagine è stato realizzato da
Cittadinanzattiva con il coinvolgimento dell’ AIFA (Agenzia
Italiana del Farmaco) di Società Scientifiche: (AIOM-Associazione
Italiana di Oncologia Medica; FARE-Federazione delle
Associazioni Regionali degli Economi e Provveditori della
Sanità; IG IBD-Italian Group for Inflammatory Bowel Diseases;
SIDeMaST-Società Italiana di Dermatologia medica,
chirurgica, estetica e delle Malattie Sessualmente
Trasmesse; SIFO-Società Italiana di Farmacia Ospedaliera e
dei Servizi Farmaceutici delle Aziende Sanitarie) e di
Associazioni di pazienti aderenti al CnAMC: (ADIPSO
Associazione per la Difesa degli Psoriasici, AMICI
Associazione Nazionale Malattie Infiammatorie Croniche
dell'Intestino, ANMAR Associazione Nazionale Malati
Reumatici, Forum Nazionale Trapiantati, Walce Women
Against Lung Cancer in Europe). Alla rilevazione ha inoltre
partecipato FAIS (Federazione Associazioni Incontinenti e
Stomizzati). L’indagine, inoltre, è stata realizzata con il
contributo non condizionato di Fondazione MSD. Ufficio
stampa Cittadinanzattiva onlus - sede nazionale:
Non
sempre seguono la terapia alla lettera, si fidano ancora
poco dei farmaci equivalenti, vorrebbero assumere meno
compresse e avere meno effetti collaterali. E sui farmaci
biologici e biosimilari restano ancora incertezze e
confusione. È questo l’identikit del “rapporto” tra farmaci
e pazienti con patologie croniche che emerge dalla “Indagine
civica sull'esperienza dei pazienti rispetto all'uso dei
farmaci, con focus su biologici e biosimilari”, presentata
da Cittadinanzattiva attraverso il Coordinamento nazionale
delle Associazioni dei Malati Cronici (CnAMC).
L’assistenza farmaceutica rappresenta uno degli ambiti che
ha subito maggiori riduzioni di spesa con un tetto di spesa
che va dal 16,8% del 2008 al 14,85% del 2013.
L’attuale tetto di spesa e in particolare quello relativo
alla farmaceutica ospedaliera mostra la sua inadeguatezza
rispetto al reale fabbisogno tanto che nel 2013 ha visto uno
sforamento del 20,5%. Intanto, la ricerca in ambito
farmaceutico avanza e vengono prodotti farmaci sempre più
innovativi, che richiedono anche la disponibilità di
importanti risorse economiche.
In
questo scenario di sfida per il Servizio Sanitario pubblico
e per il suo universalismo, si inseriscono i farmaci
biologici e biosimilari. La stima è che nei prossimi anni su
100 farmaci almeno 48 saranno biologici con una percentuale
che passerà dal 30% al 70%.
In
questo contesto, Cittadinanzattiva ha realizzato una
“indagine civica” con lo scopo di approfondire quanto i
pazienti sanno delle terapie che assumono, quanto sono
informati su farmaci biologici e biosimilari, quali sono i
loro bisogni informativi, i dubbi, le richieste inespresse e
tutti gli elementi che in qualche modo possono ostacolarne
il successo.
L’indagine è stata condotta fra agosto ed ottobre 2014 ed ha
coinvolto 619 pazienti affetti da patologie croniche
appartenenti ad Associazioni aderenti al CnAMC. Fra i
pazienti intervistati prevalgono le seguenti patologie: la
malattia di Crohn e colite ulcerosa (47,5%), le malattie
renali (18,5%), l’ipertensione (15,2%), le malattie
autoimmunitarie e reumatologiche (13,2%), la psoriasi
(10,6%), malattie oncologiche (10,5%).
Non
sempre aderenti alla terapia
Oltre
la metà dei pazienti intervistati assume dai 2 ai 3 farmaci
al giorno (24,8 e 28,9%), il 10,5% anche più di quattro.
All'incirca ad un paziente su cinque accade di dimenticare
di assumere la terapia, ad uno su sette di sbagliare il
dosaggio del farmaco.
Il 22%
dichiara di essere stato costretto ad interrompere la
terapia, per una media di 12 giorni, nella maggior parte dei
casi a causa di una reazione allergica (22,6%) o perché
risultata inefficace (20,4%); ma anche per i costi a carico
dei cittadini (16,4%) o perché il farmaco non era
disponibile in farmacia (14,5%).
Una
percentuale inferiore (10,8%) decide volontariamente di
sospendere o non intraprendere la terapia prescritta,
principalmente per scetticismo (56,5%), nel senso che la
stessa non produce i risultati sperati o mostra più effetti
collaterali che benefici, o perché la cura risulta difficile
da seguire a causa di un numero di somministrazioni troppo
elevato (13%), o ancora perché si tratta di terapie che se
intraprese dureranno tutta la vita e che quindi scoraggiano
il paziente (11,6%).
In
altri casi la decisione di sospendere la terapia dipende da
una cattiva comunicazione tra medico e pazienti. Per il
32,2% degli intervistati, infatti, le informazioni fornite
dal prescrittore non erano state sufficientemente chiare. Un
altro problema, fortemente sentito, è la difficoltà di
prescrizione: in molti casi (12,9%) lo specialista prescrive
il farmaco su ricetta bianca, ma una volta che il paziente
ne chiede la trascrizione su ricetta rossa al Medico di
Medicina Generale questi la rifiuta.
Per chi
si sposta fuori dalla Regione di residenza i principali
problemi da affrontare sono: acquistare il farmaco di tasca
propria (46,6%), non sapere a chi rivolgersi per proseguire
la terapia (17,7%) o di ricevere un secco no anche davanti
ad una regolare prescrizione (15,5%).
I
pazienti si dimostrano molto responsabili circa la necessità
di comunicare tempestivamente eventuali reazioni avverse ai
farmaci. Lo ha fatto almeno una volta il 50% degli
intervistati, comunicandolo prevalentemente al Medico di
Medicina Generale (52,7%) o allo specialista (52%).
Farmaci
equivalenti, conosciuti ma non troppo
Circa 1
paziente su 4 sa che si tratta di un farmaco che costa meno
rispetto a quello di marca e nella stessa percentuale
affermano che è un farmaco simile, ma non uguale a quello di
marca. Oltre il 30% li riconosce dal prezzo sapendo che
costano meno del farmaco brand e dalla dicitura sulla
confezione. Nella maggior parte dei casi sono informati dal
medico o dal farmacista circa l’esistenza del farmaco
equivalente, ma considerano quello di marca più efficace
(33,4%) o sono influenzati dallo scetticismo di una parte
di medici (30,8%) che sostiene che non sono uguali.
Il
risultato è che quasi la metà dei pazienti (47,3%) non
cambierebbe la terapia che sta assumendo con quella
equivalente o ha dubbi nel farlo (21,6%).
Focus
su farmaci biologici e biosimilari
Quasi
la metà dei pazienti coinvolti nell'indagine (45,4%) ha
assunto un farmaco biologico; solo il 4% assume invece un
biosimilare. Molti degli intervistati, in realtà, non sono
certi se il farmaco che stanno assumendo sia biologico o
biosimilare (38,6%).
Quasi
il 30% sa che il farmaco biologico è una sostanza biologica
sintetizzata da una fonte biologica; il 20% che è un farmaco
che fornisce solo l’ospedale ed ancora il 19% che è un
farmaco molto costoso. Esiste, tuttavia, un 17,5% che non sa
cosa sia e un 7% che non ne ha mai sentito parlare. Chi
assume un farmaco biologico è stato informato dal personale
sanitario che si tratta di un farmaco sperimentato per la
propria patologia (60,5%), sugli effetti collaterali che può
avere (44,9%) o ancora sono stati avvisati sul fatto che in
caso di reazioni avverse devono subito avvisare il medico
(32,3%).
Solo il
9% degli intervistati è, invece, a conoscenza della
differenza tra i farmaci biologici e biosimilari. La
maggioranza (oltre il 41%) non sa cosa sia un biosimilare;
il 13,8%, invece, ritiene erroneamente che sia il generico
del farmaco biologico di riferimento.
Le
informazioni fornite alla piccola percentuale di pazienti
che sa di assumere un farmaco biosimilare riguardano,
innanzitutto il nome del farmaco e la modalità di
somministrazione (28,8%). E’ stato comunicato, inoltre, che
il farmaco è stato sperimentato per la malattia del paziente
(26,9%). Solo nel 7,7% vengono prospettate alternative
terapeutiche.
Quello
che sta più a cuore ai pazienti è innanzitutto il profilo di
sicurezza ed efficacia del farmaco (59% per il farmaco
biologico e 69% per il farmaco biosimilare) ed i possibili
effetti collaterali (circa il 48% per entrambe le
categorie). Per quanto riguarda i biosimilari, la terza
richiesta è il nome del farmaco e la sua modalità di
somministrazione (41,88%).
L’assistenza che vorrebbero
A
conclusione della indagine, Cittadinanzattiva ha chiesto ai
pazienti di indicare cosa vorrebbero per migliorare la
qualità di vita legata all'assunzione di terapie
farmacologiche.
Il 37%
vorrebbe non essere costretto a prendere tanti farmaci
diversi; oltre il 35% vorrebbe assumere terapie che mostrino
miglioramenti e non durino troppo a lungo; il 30% auspica
terapie con meno effetti collaterali; il 23% desidera che il
medico gli prescriva la cura in modo più chiaro, spiegando
bene effetti e prospettive. C’è anche un 20% che vorrebbe
che fosse lo specialista a prescrivergli il farmaco su
ricetta rossa, senza dover ricorrere al medico di famiglia e
nella stessa percentuale si lamentano di dover pagare di
tasca propria.
“L’indagine civica indica alcune priorità sulle quali è
necessario intervenire”, afferma Tonino Aceti, coordinatore
nazionale del Tribunale per i diritti del malato e
responsabile del CnAMC. “Innanzitutto lavorare sui fattori
che incidono negativamente sulla aderenza alle terapie, sia
per garantire il più alto livello di salute della
collettività, sia per contribuire alla sostenibilità del SSN
attraverso il miglior utilizzo delle risorse economiche a
disposizione: le attuali criticità che caratterizzano la
comunicazione (formazione e informazione) medico-paziente
rispetto alle terapie; i costi diretti (in particolare i
ticket ed i farmaci e parafarmaci in fascia C) e indiretti
(permessi di lavoro, spostamenti, ecc.) che sostengono i
cittadini; la burocrazia per prescrizione ed erogazione del
farmaco; l’indisponibilità del farmaco, in farmacia
ospedaliera e territoriale; l’imputazione dei budget tra i
diversi professionisti e strutture. E ’inoltre importante
lavorare sulla corretta informazione sulle terapie sia
presso i pazienti che presso i professionisti sanitari al
fine di garantire un’assunzione e prescrizione consapevole e
responsabile delle terapie. In particolare, sarebbe
necessario garantire una maggiore e completa informazione
su: efficacia e sicurezza delle terapie; possibili effetti
collaterali; tipo di farmaco assunto (nome e modalità di
somministrazione); in caso di sostituzione della terapia, la
motivazione di tale scelta; i costi della terapia.
Infine
è necessario rafforzare ancora di più la farmacovigilanza
attraverso il coinvolgimento dei cittadini, soprattutto
rispetto alla opportunità di segnalare eventuali effetti
avversi anche direttamente all’AIFA. Altresì è importante
promuovere politiche e azioni volte a rafforzare e
rilanciare il ruolo dei professionisti sanitari nella
farmacovigilanza.
Nel
complesso, l’indagine dimostra concretamente che è arrivato
il momento di riconoscere alle Associazioni di cittadini e
di pazienti il ruolo che meritano nei processi decisionali
nell'ambito dell'assistenza farmaceutica pubblica,
formalizzandolo anche nell'ambito del processo di
riorganizzazione in atto dell'AIFA, come del resto già
avviene in altri paesi europei e nella stessa EMA”. |